Nato ad Atene 445 ca. - 380 ca. a.C., oratore greco. L’efficace semplicità del suo stile divenne per numerose generazioni l’insuperato modello della tendenza stilistica denominata atticismo. Figlio del Meteco Cefalo, ricco proprietario di una fabbrica di armi che aveva lasciato Siracusa su invito di Pericle per stabilirsi ad Atene, dopo la morte del padre (430 a.C.) Lisia soggiornò a Turi, in Magna Grecia, dove perfezionò la sua educazione retorica; tornò ad Atene nel 413-412 a.C., dopo la sfortunata spedizione Ateniese in Sicilia durante la guerra del Peloponneso. Nel 404 a.C. i Trenta tiranni accusarono Lisia e suo fratello Polemarco di cospirazione: in realtà, benché non fossero infondati i sospetti di dissidenza dalla politica del regime oligarchico, i due fratelli erano stati colpiti per le loro ingenti ricchezze. Polemarco fu ucciso, ma Lisia riuscì a fuggire a Megara e, dopo la restaurazione della democrazia nel 403 a.C., tornò ad Atene, anche se non rientrò mai più in possesso dei beni confiscati. Qui, avviata un'azione legale contro Eratostene, responsabile della morte del fratello, si guadagnò da vivere per il resto dei suoi giorni dedicandosi all’attività di logografo. Lisia fu autore molto fecondo, anche se numerosissime sono le false attribuzioni di opere al suo genio retorico. Soltanto nell’antichità si tramandavano sotto il suo nome 425 orazioni, delle quali però solo 233 sono considerate certamente sue dalla critica. Attualmente restano solo una trentina di orazioni intere, una raccolta di frammenti e circa 170 titoli. Lisia fu per lo più autore di orazioni di carattere giudiziario, anche se nel corpus delle sue opere compare qualche eccezione: al genere epidittico appartengono l’Olimpico, orazione (di cui è conservata solamente la parte iniziale) pronunciata in occasione dei Giochi olimpici del 388 a.C., e l’Epitafio per i caduti di Corinto, opera però di incerta attribuzione. I discorsi giudiziari presentano una struttura semplice: constano dell’esordio, dell’esposizione dei fatti (nel canone oratorio latino detta narratio), talora di una digressione, del resoconto delle testimonianze (confirmatio) e dell’epilogo. Lisia scrisse orazioni per cause di diritto pubblico (fra le più importanti si ricordano Per l’invalido, Per l’uccisione di Eratostene, Per l’ulivo sacro, Contro i mercanti di grano) e di diritto privato (Contro Teomnesto, Contro Diogitone). Alle vicende della sua persecuzione da parte dei Trenta Tiranni si riferiscono l’orazione Contro Eratostene, pronunciata dallo stesso Lisia nel 403 a.C., ma anche la Contro Agorato, in cui egli accusava un ambiguo personaggio che, con le sue delazioni, aveva fatto mettere sotto accusa molti esponenti di parte democratica. La sua attività di logografo era molto apprezzata perché Lisia sapeva adattare le sue arringhe alla personalità del cliente, che doveva pronunciare personalmente il discorso durante il processo. Eccezionale era anche il suo talento narrativo, che si rivela nella capacità di mettere in scena situazioni drammatiche o spassose con una finezza psicologica e un'immediatezza realistica fino ad allora inconsuete. Ne è un esempio il discorso Per l’uccisione di Eratostene, che racconta con vivacità la storia di un adulterio. Toni più appassionati assumono invece le orazioni di argomento politico, in cui talora si inseriscono accenni alle vicende personali dell'autore.
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